Italo Antico - sculture

 

 

Galleria Blu, Milano, 1975


 

 

Viene fatto di chiedersi, ogni volta di fronte alle opere di Italo Antico, se si offrano come il prosciugamento pressochè definito di una realtà, fisica ma anche plastica, che si è contratta all’estremo e di cui resti come segnale di continuità, nel tempo prima ancora che nello spazio, questo elemento ormai fossile, questa vertebra di materia industriale. Ma viene fatto, anche, e in contemporanea, di domandarsi se non sia altrettanto vera l’impressione opposta, se questo reperto, cioè non sia una sorta di germinazione primaria, elementare, l’affiorare di un sistema di presenza che oggi si mostra in scoperta semplicità e via via si compone in una dimensione sempre più ricca, e complessa, occupando sempre più spazio. Insomma ciò che subito “dice” un lavoro di Antico è la provocazione a sentire, e dunque a percepire, qualcosa di cui la “monotonia materiale” del tubo d’acciaio inossidabile è il suono continuo, non sai se traccia o matrice, inizio o fine, punto di resistenza finale o satura pienezza in espansione. [...]
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Paolo Fossati
1983

 

 

 

 

 

 

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